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La Paramita Della Sopravvivenza
Hakuin's Daruma

Leonardo  Anfolsi  Reiyo  Zenji

Parlando della eterna questione di come vivere ciò che si è compreso qualcuno mi ha scritto:


L'unica cosa che mi è veramente chiara è la presenza e la necessità di vivere in questo... Altrimenti tutto si trasforma in sofferenza... Che poi non esiste neppure tutto il resto... é tutto già lì, nel presenziare alla vita...


Chi mi ha scritto è una persona molto intuitiva ed eccezionalmente dotata nella scrittura e perciò non deve stupire che sappia esprimersi in modo così forte e stringente parlando di essere ecc... ecc...  Oltre ciò il tema è controverso a causa del potere che le parole hanno nel nostro mondo ed il fatto che siamo abituati ad essere utenti e consumatori (finanche di "emozioni") e che quindi ci è duro comprendere che oltre a "sentire" Questo ci possiamo "dedicare" completamente a Questo, anche senza essere dei frati, anzi.
Il dedicarci a Questo sarebbe inevitabile per amore ma, oggi, anche i campioni del "sentire" cercano di andare in vacanza perché in questo nostro modo di vivere si fa comunemente fatica, talvolta anche a respirare. Non dico questo per esagerare ma è che essendoci oggi meno certezze (nel bene o nel male) siamo messi più alla prova.
Forse viene più facile dare se stessi ad un partner di cui ci si innamora, o ad un lavoro intrigante, o ad una religione o ad un Guru che sappiano incastrarci in una qualche forma di sudditanza o di tormento interiore, e tuttavia resta il fatto che solo noi, solo te, possiamo definire per noi stessi una disciplina nella quale sentirci coinvolti e messi alle strette oltre che potenziati, ravvivati, incoraggiati e SOPRATTUTTO chiariti a riguardo di ciò che(praticamente) deve essere preso o abbandonato nella nostra vita.  Non confondiamoci: anche se siamo oltre le dicotomie, oltre le speranze e le paure, oltre l'accettare ed il rifiutare dovremo prima o poi prendere o abbandonare qualcosa o qualcuno, ed in questo manifesteremo il nostro modo di essere, il nostro stile.
Alla persona in particolare ho cercato di spiegare che una maggiore presenza nella propria vita della pratica interiore da molti più risultati in tal senso che il mero "ricordo" di ciò che si dice dell'essere, dell'insegnamento... 
Tutti i santi giorni dobbiamo sorprenderci: per questo motivo chi è "religioso" prega o fa i suoi riti tutti i giorni, e per questo esistono le sesshin. le novene o il ramadan !   E noi che siamo "quelli dell'illuminazione" vorremmo già aver capito tutto perché Qualcuno, magari io, gli ha detto che "l'essere  bla... bla... bla..."
Certo, non è che io ho parlato tanto per dire qualcosa ma è che, a ben vedere, forse ho anche mostrato qualcosa con la mia faccia, il mio sudore, il mio passo, il mio silenzio: tutte cose che possono apparire comuni & scontate se lo diventano anche il nostro stesso occhio, il nostro stesso passo eccetera.
Allora rischiamo di specializzarci nell'appiattimento di questa Santa Realtà perché tuti i giorni ci parlano come degli "utenti" o dei "consumatori". 
L'illuminazione è anche nel "presenziare alla vita", hai ragione, ma essere la vita stessa è ancora più limpido di così, più potente, spiazzante.  Questa è l'unica illuminazione che conosco, mi spiace, ed è questa che mostro anche quando inciampo. 
Non potrei mostrartela se io stesso non "praticassi" tutti i giorni e, proprio perché esiste già ed è perfetta, non la manifestassi nei nuovi gesti di ogni giorno.  Ti ingannerei se parlassi di una cosa che ho letto o sentito dire, o che ho visto "quella volta là".
Questa è l'unica illuminazione vera che conosco.

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